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Il Pavone che mangiò Helmut Newton

  • Immagine del redattore: Susanna D'Aliesio
    Susanna D'Aliesio
  • 27 mar 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 9 apr 2018

Era un tranquillo sabato mattina quando mi svegliò l'incessante squillo del mio cellulare. Nonostante l'ora inusuale risposi. "Buongiorno Signora" - mi disse una Voce Melliflua dall'altro capo della cornetta - "lei ha vinto una settimana di prova al Salaria Sport Village". Per quanto incredula fossi la Voce Melliflua continuava a chiedermi di andare in palestra per usufruire dell'abbonamento. Credo che qualcosa dentro di me, il cinismo o forse lo spirito di conservazione, mi avesse ammonito di restare a casa ma non gli diedi peso. O meglio, la curiosità verso l'ignoto fu più forte. Feci spazio tra i miei appuntamenti e mi ritagliai mezza giornata per andare a vedere di cosa si trattava, in fondo, volevo solo farmi una nuotata nella piscina olimpionica dell'impianto. Alle Ragazze Copertina dell'ingresso spiegai la questione del presunto omaggio e loro di tutta risposta mi lanciarono un sorriso plastico confermandomi che avrei potuto usufruire liberamente dei servizi della loro palestra, entro i limiti consentiti, ma che prima avrei dovuto parlare con il loro consulente. I minuti che mi separavano dalla mia nuotata mi sembravano lunghissimi e diventarono 10, poi 20 poi 30. Finalmente vedo una delle Ragazze Copertina voltare la schiena dritta verso le scale, qualcuno stava scendendo. Alzo lo sguardo anch'io solo per riconoscere mia Zia Assunta. Zia Assunta aveva contribuito a realizzare la mia passione per i viaggi, e i ricordi dei miei anni adolescenziali passati insieme a lei in giro per l'Europa mi passarono davanti agli occhi. “Zia?” - esclamai con tutta la mia sorpresa. “Susy! Che ci fai qui? Ho portato dei dolci ad Antonio ma stavo andando via”. Le spiego in breve cosa mi avesse portato così lontana da casa, ci salutammo e si accomiatò. Dietro di lei spuntò un ragazzo di bell'aspetto, alto, moro e con il 3% di massa grassa nel corpo. “Ciao” - mi disse seducente - “mi chiamo Antonio, tu devi essere Susanna! Sei più bella di quanto immaginassi”. Purtroppo il bell'Antonio era un Pavone, uno di quegli uomini talmente innamorati di se stessi che passerebbero sopra al cadavere della propria madre. Nonostante lo avessi inquadrato quello che avvenne dopo mi sorprese. Mi fece accomodare nel suo ufficio e il sorriso sulle sue labbra per un attimo mi fece sentire come una preda nella tana del predatore. Mi illustrò distrattamente i vari pacchetti in offerta, che ovviamente raggiungevano delle cifre spropositate e poi finalmente arrivò al punto: “Susanna, posso chiederti che lavoro fai?”. “Sono una fotografa”, risposi freddamente. Lui spalancò la bocca dallo stupore e nei suoi occhi passò un lampo. "Meraviglioso!" - esclamò - "dovevi dirmelo prima". Avevo paura di domandarmi il perché. Lui incalzò: "Vogliamo parlare di quella foto di Newton con una donna completamente nuda stagliata davanti un grattacielo?" Io accondiscesi di malavoglia e lui, come un Pavone che esibisce le sue piume, si lanciò a capofitto in una prosopopea sulla fotografia erotica. La sua dialettica si esaurì dopo poco, mi chiese di che genere di fotografia mi occupassi e mentre io meditavo su una risposta che non sollecitasse le sue fantasie vedevo che lui aspettava la risposta come un giocatore aspetta un bel assist. Gli risposi che mi occupavo di fotografia documentaria e che stavo lavorando ad un photo-book, convinta che la mia risposta fosse stata abbastanza secca e priva di sottintesi mi preparai ad andarmene ma lui incalzò: "Stai lavorando ad un photobook? Quindi ti occupi anche di book fotografici..?". "A volte" – risposi – "dipende dal cliente". Mi mangiai la lingua appena dissi quelle parole. Lui mi guardò sornione e mi sorprese: "Susanna, allora mi faresti un bookino?". Quando poco tempo dopo scoppiò lo scandalo che vedeva coinvolto il Salaria Village come luogo di scambio di favori sessuali la cosa non mi stupì affatto. Al di la' dei discorsi sulla bassezza morale e il degrado culturale ancora mi chiedo per quale motivo mia Zia gli avesse portato dei dolci.

© Helmut Newton

 
 
 

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